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L'appropriazione delle tecnologie per ascoltare la musica: successi, problemi e fallimenti nelle pratiche degli ascoltatori

Paolo Magaudda

Abstract In Italiano
Il presente contributo si concentra sulle forme attraverso le quali gli ascoltatori di musica che utilizzano differenti tecnologie – gli impianti HiFi, il computer, i lettori portatili di musica digitale, i programmi informatici per scaricare la musica attraverso la rete – devono attivamente appropriarsi delle tecnologie necessarie per ascoltare la musica registrata. I materiali presentati nel contributo provengono da una ricerca realizzata tra il 2005 e il 2007 e basata su 30 interviste qualitative in profondità con utenti di dispositivi musicali. I dati così ottenuti vengono presentati e discussi attraverso un approccio diffuso nel contesto dei sciente & technology studies (S&TS). L’articolo mette in luce in che modo le forme attraverso le quali le persone che ascoltano la musica siano per un verso legate alle caratteristiche e ai vincoli degli oggetti tecnici e per un altro richiedano però agli ascoltatori un attiva forma di appropriazione di tali tecnologie nella propria vita quotidiana.

Parole chiave: ascolto musicale, tecnologie, appropriazione, «addomesticamento», pratiche technologiche.


Abstract
Appropriation of listening music technologies: successes, problems and failures in listeners’ practices. This paper deals with the forms through which music listeners who uses different kinds of technologies – HiFi equipments, computers, portable players, peer-to-peer software - need to actively appropriate those technologies required to listen to recorder music. Materials presented in this work come from a research conducted between 2005 and 2007 and based on 30 in-depth qualitative interviews with users of music equipments. Data produced with this methodology are thus presented and discussed adopting an approach common in the field of science & technology studies (S&TS). The article stress that the forms thought which people listen to recorded music are, on the one hand, the outcome of technologies’ features and constrains and, on the other hand, the result of an active process of appropriation of these technologies in the context of listeners everyday life.

Keywords: Music listening, technologies, appropriation, «domestication», technological practices.


1 - Introduzione: la complessità sociale delle tecnologie musicali

Le tecnologie non sono oggetti neurali e passivi, ma piuttosto, in quanto «cristallizzazioni di processi socio-tecnici» (Sterne, 2003), esse si presentano nelle mani dei propri utenti come dei dispositivi portatori di un insieme eterogeneo di conoscenze e culture, di vincoli tecnici, di opportunità sociali. Il processo di «addomesticamento» delle tecnologie – inteso come un lavoro pratico, simbolico e cognitivo (Sorensen et al., 2000) di incorporazione delle tecnologie nell’universo tecnico, culturale e sociale dei propri utilizzatori (Silverstone e Hirsh, 1992; Lie e Sorensen, 1996; Berker et al., 2006) – si presenta per questo come un ambito di analisi particolarmente utile al fine di comprendere empiricamente in che modo le tecnologie costituiscono uno degli elementi che interagiscono nella costruzione delle pratiche quotidiane degli attori sociali ordinari (De Nora, 2000). Le possibilità e i vincoli presentati dalle tecnologie richiedono infatti di essere negoziati dagli utenti al fine di dare nuova forma alle abitudini, agli usi e alle relazioni sociali che coinvolgono gli utenti. In questo contributo ci soffermiamo, quindi, su alcuni aspetti dei processi di negoziazione tra gli utenti e le tecnologie musicali. Questo lavoro di «addomesicamento» costituisce un processo dinamico, incerto nei suoi risultati e inoltre caratterizzato da resistenze e rigetti da parte degli utenti (Neresini, 2002).

In questo contributo intendiamo quindi mostrare, attraverso alcuni esempi di appropriazione delle tecnologie legate all’ambito della musica digitale (mp3, file sharing e lettori portatili di musica) da parte degli ascoltatori, come l’incontro tra utenti e oggetti tecnici costituisca un processo complesso, che richiede agli utilizzatori di articolare e negoziare le tecnologie in relazione alle proprie pratiche incorporate, alle proprie reazioni sociali, alle proprie culture e all’insieme delle competenze tecniche coinvolte nell’uso di queste tecnologie (Woolgar, 1991; Akrich, 1992; Oudshoorn e Pinch, 2003). L’appropriazione di una tecnologia non costituisce, infatti, un processo lineare dagli esiti scontati, ma si presenta invece come un percorso accidentato che procede per tentativi (Lehtonen, 2003) e che richiede ai propri utenti di riconfigurare le proprie disposizioni, le pratiche di uso, e più in generale l’universo di relazioni sociali nel quale essi sono immersi. Se spesso, lungo questo percorso, l’utente riesce a condurre a buon fine l’appropriazione delle tecnologie (non senza avere superato, tuttavia, conflitti e incongruenze), a volte, invece, il processo di addomesticamento non giunge ad un buon fine, trasformando così gli utenti tecnologici in «non-utenti» (Wyatt, 2003). I materiali presentati nel contributo provengono da una ricerca, realizzata tra il 2005 e il 2007, basata su 30 interviste narrative con ascoltatori di musica digitale (cfr. Magaudda 2008).

2 - Archiviare e organizzare la musica

Uno degli aspetti più evidenti del passaggio dalle pratiche musicali legate ai vecchi supporti a quelle che si articolano con le nuove tecnologie digitali dell’uso dei formati digitali riguarda la trasformazione della consistenza materiale della musica. Ciò che prima era un «oggetto» manipolabile, che occupava uno spazio fisico, con la diffusione dei formati digitali la musica assume la consistenza immateriale di dati informatici contenuti nelle memorie dei computer (cfr. Drew, 2005).

Un primo ambito di analisi che può aiutare nel comprendere la riarticolazione della configurazione tra oggetti, musica e forme d’uso riguarda, dunque, le pratiche di archiviazione e di collezionismo della musica. Le trasformazioni introdotte dalle caratteristiche delle nuove tecnologie si riflette, in primo luogo, sulla percezione della quantità di musica posseduta da parte degli utenti. Un primo evidente aspetto di questa trasformazione si manifestata quando agli intervistati è richiesto di quantificare la propria musica posseduta in formato digitale. La musica, infatti, non si quantifica più in album, e nemmeno più in brani o canzoni, ma piuttosto in «mega» o in «giga». Ecco, per esempio, una delle risposte più comuni degli intervistati alla domanda riferita alla quantità di musica posseduta in formato mp3:

Quanti brani di musica possiedi in mp3?

- Quello già è più difficile. Tanti. Se parliamo in giga, forse... potrebbero essere tranquillamente un 30 giga? Sì, sì. Sì, anche una quarantina di giga, dai 30 ai 40 giga. (Aldo, 28 anni, intervista 24)

Questo tipo di costruzione discorsiva relativa alla quantità di musica posseduta non riguarda solamente l’aspetto puramente linguistico del rapporto con la musica, ma coinvolge anche un ulteriore elemento centrale nella costruzione dell’esperienza musicale mediata dalle nuove tecnologie. Tra le principali possibilità offerte dalle tecnologie musicali digitali ritroviamo, infatti, quella di favorire la possibilità di scambio, acquisizione e possesso di una sempre maggiore quantità di musica, a discapito della qualità sonora delle registrazioni.

La trasformazione della relazione degli utenti con la dimensione quantitativa della musica acquisibile e facilmente archiviabile in formato digitale rappresenta un elemento particolarmente rilevante per comprendere come gli utenti «co-costruiscano» le tecnologie nel contesto dell’uso (Oudschoorn e Pinch, 2003). Attraverso i software di file sharing è, infatti, possibile acquisire un’enorme quantità di musica. Alcuni degli utenti più coinvolti nella pratica dello scambio di musica attraverso la rete, infatti, hanno a loro disposizione un repertorio musicale virtualmente infinito. Per esempio, Daniele, racconta di quanta musica egli stesse scaricando nel periodo in cui abbiamo realizzato l’intervista:

- E quanto scarichi?

- Adesso abbastanza, cioè penso... qualche giga al giorno di dati penso che tra tutti i tipi di file, sì li scarico...

- Di musica?

- Sì, di musica 4 o 5 dischi al giorno li prendo sì.

- Cinque giorni la settimana?

- Sì circa, non proprio tutti i giorni, ma quasi tutti i giorni.

- Un centinaio di dischi al mese?

- Sì anche di più. Poi capita che lasci il computer connesso tutta la notte e il mattino hai i dischi pronti.

- Ma li ascolti tutti?

- E no, tutti no, è impossibile, infatti ho un sacco di dischi che non ho ascoltato, però mi capita di riprendere tutti quelli mp3 che avevo masterizzato tipo l'anno scorso, e mi sono messo a forza a ascoltarlo perché la mole di quelli cha non avevo ascoltato era troppo di più di quelli che avevo ascoltato, diciamo che comunque quotidianamente un disco nuovo lo ascolto tutti i giorni. (Daniele, 28 anni, intervista 17)

La descrizione fatta da Daniele pone in rilievo un elemento importante per comprendere le trasformazioni del rapporto con la musica degli utenti dei formati digitali: la quantità di musica a disposizione e, spesso, la quantità di musica effettivamente acquisita, supera abbondantemente le possibilità di ascolto che caratterizzano la relazione tra gli ascoltatori e la musica. Come racconta appunto Daniele, se per un filesharer è possibile acquisire anche cento nuovi dischi nel corso di un mese, le sue possibilità di ascolto, anche nel caso di un forte appassionato di musica, non riescono a stare al passo con la quantità di musica acquisita. La discrasia tra la quantità di musica acquisibile e le possibilità di ascolto costituisce un elemento ricorrente nelle interviste con tutti quegli utenti che hanno integrato in modo stabile l’uso del file sharing nelle proprie pratiche musicali. Fabio, per esempio, racconta che egli riesce ad ascoltare solo una piccola quantità della musica da lui scaricata; e che la sovrabbondanza di musica digitale posseduta produce in lui un ascolto meno attento e meno coinvolto. Come dice Fabio, i brani «li ascolti una o due volte e non ci entri dentro»:

Sì c'è li ho ordinati, ma se tu dovessi dire quanta di quella musica ascolto, ne ascolto un 10%, perché molta è spazzatura, cioè alla fine... guardiamoci in faccia... non è tantissimo il tipo di musica che uno riesce ad assimilare... 3 giga e 6 di musica ti fanno due palle così. Preferisco magari consumarmi l'album... queste sono cose mie personali... se c'è il cd bello, me lo ascolto 10 volte al giorno, mentre se c'è la cosa figa che quello te lo ha detto, ascóltati questi, li scarichi, li ascolti una volta due volte, non ci entri dentro e le soluzioni sono due: o ti ci incaponisci, oppure la tieni li pensi che prima o poi cambieranno i miei gusti, e prima o poi la ascolterai, o magari no. Poi secondo me molta musica viene buttata via. (Fabio, 27 anni, intervista 6)

Dunque, una delle conseguenze della tensione tra «il posseduto» e «l’ascoltabile» riguarda il fatto che molta della musica acquisita e posseduta non solamente non viene mai ascoltata, ma spesso viene anche buttata via. A volte, come ci racconta Aldo, diventa normale possedere musica di gruppi o musicisti che non si conoscono, e di cui, dunque, è facile perdere tracce all’interno dei propri hard disc.

No, non, ho un sacco di musica che per dire non mi piace, io ho scaricato, ho preso proprio random, messo sull'hard disc esterno musica che non ho mai ascoltato e non ascolterò mai. Tipo i Pantera, cioè che musica che i miei amici ascoltano, gli ho sentiti, ma personalmente ... cioè ce li ho su computer, so che sono lì e molte volte mi trovo anche autori o gruppi di cui... che sono per me perfettamente ignoti. (Aldo, 28 anni, intervista 24)

Le trasformazioni che riguardano la quantità della musica fanno dunque intravedere come le pratiche connesse all’uso della musica digitale producano un cambiamento del rapporto tra ascoltatore e la musica posseduta. La musica digitale perde in parte il suo valore proprio perché l’investimento emotivo, economico e materiale dell’ascoltatore nel processo di acquisizione di questa musica si trasforma. Se, per un verso, è molto più semplice entrare in possesso di nuova musica, conseguentemente diventa altrettanto semplice e consueto il disfarsene. La facilità tecnica di «buttare via» la musica si riflette nella facilità psicologica con cui alcuni utenti possono eliminare la musica dal proprio computer. Ecco come un altro ascoltatore descrive la facilità con cui egli può disfarsi della propria musica digitale:

Poi secondo me molta musica viene buttata via. Viene cancellata, e allora, in quel senso io non sono molto d'accordo. Perché se un Compact Disc ha uno spazio fisico tu devi materialmente prenderlo e in caso buttarlo nel cestino. Capita spesso… è molto semplice…. «oh mi mancano 100 mega per scaricarmi il film di ‘sti c***i» e butto via questa cartella qua. Chi era? Boh! Vai, è andata! (Fabio, 27 anni, intervista 6)

Gli oggetti tecnici mediano l’agire e la forma acquisita dalle pratiche culturali; in questo processo di mediazione nuove possibilità trasformano le pratiche musicali e il rapporto tra gli ascoltatori e la musica. La ridefinizione della dimensione materiale degli oggetti musicali si riflette sulla capacità della stessa musica di generare dei significati sociali e dei valori culturali per l’ascoltatore. La passione per un certo artista o per un certo disco da parte dell’ascoltatore, ovvero la sua capacità di utilizzare l’oggetto musicale per riempire di senso la propria esperienza quotidiana costituisce un ulteriore elemento che entra in gioco nel processo di co-costruzione delle tecnologie e delle pratiche tecnologiche. A tal riguardo, un altro ascoltatore spiega questa perdita di senso ponendo l’accento sulla perdita di capacità della musica di prodotte affettività e di stimolare l’ascoltatore nella ricerca musicale, che diventa, nelle sue stesse parole, più «pigra»:

Perché ce n’è di più, banalmente perché in questa maniera è tutto più facile. L’oggetto musicale è molto più… è molto meno importante per te. Poi lo puoi buttare, non ci perdi niente. Un CD prima ti era molto più caro, ti sentivi un po' più affezionato e soprattutt questo oggetto [l’mp3], proprio perché etereo, proprio perché vola via più facilmente, secondo me ti mette in testa un po’ più di pigrizia ad andarlo a cercare. (Marco, 32 anni, intervista 24)

Dalle parole di Marco si intuisce come queste trasformazioni possano condurre in alcuni utenti a dei conflitti culturali prodotti dalla percezione della trasformazione delle proprie pratiche musicali. L’ascoltatore di musica costruisce, infatti, la propria identità di appassionato anche a partire dal momento pratico dell’ascolto e dalla capacità di costruire un’esperienza della musica che egli percepisce come autentica. Per un appassionato il rapporto con la musica deve costruirsi come in un momento intenso a partire dal coinvolgimento con la musica. Questo coinvolgimento richiede un investimento in termini di costruzione di identità.

Secondo me deumanizza il rapporto con l'artista. Ora parliamo dell'approccio classico che tutti noi abbiamo avuto con la musica soprattutto da adolescenti ti mettevi davanti alla televisione a sentire il gruppo che ti piaceva, poi magari compravi il CD, magari ti leggevi l'articolo con le riviste, adesso è tutto sullo schermo del computer, dal video alle recensioni alle foto e non esce questa cosa. (Fabio, 27 anni, intervista 6)

La dimensione materiale della musica influisce in modo determinante nella costruzione dell’esperienza degli ascoltatori. Le trasformazioni della materialità della musica producono delle trasformazioni delle pratiche e generano all’utente una serie di problemi che richiedono di essere culturalmente rielaborati. Attorno alla dimensione materiale della musica, infatti, gli appassionati costruiscono differenti interpretazioni e valori, che - come argomenta Fabio – possono condurre anche a forme di feticismo, ma che, tuttavia, rivestono un ruolo importante nella costruzione dell’esperienza musicale:

Non vedo perché cancellare del tutto questo feticismo che poi può essere anche un mezzo di sfogo. La musica ha una funziona positiva per la gente, se uno se la vive come gli pare... quello che c'ha la statua di Elvis Presley sul letto, e prova piacere, non vedo perché bisogna dirgli, no adesso Elvis Presley sta in quella cartellina lì, sotto magari l'etichetta «rock». (Fabio, 27 anni, intervista 6)

La relazione tra ascoltatori e musica, infatti, si costruisce attraverso differenti elementi, che riguardano anche la costruzione che gli ascoltatori d musica elaborano del valore della propria esperienza musicale. Come ci racconta Daniele, possedere molta più musica di quella che si ascolta rappresenta, da questo punto di vista, un elemento che deteriora, nella percezione dello stesso appassionato, il proprio rapporto autentico con la musica. La riconfigurazione del rapporto tra l’ascoltatore e gli oggetti musicali prodotta dall’appropriazione di una nuova forma di mediazione tecnologica, può, dunque, mettere in discussione anche l’identità degli ascoltatori e il valore che essi riconoscono alle proprie pratiche musicali:

Io mi considero un fruitore cioè non scarico solo per averla, la devo ascoltare. Oramai mi capita di scaricare molto più di quello che sento. Ho anche sviluppato una specie di senso di colpa per questa cosa, nel senso che voglio ascoltare tutto quello che scarico, ma nel senso che ho preso cose che non ho neanche ascoltato e le sto accumulando e accumulare non mi è mai piaciuto. Io una volta compravo un disco e finché non lo conoscevo a memoria non ne compravo un altro, quindi non mi considero collezionista per questo; un disco lo devi sapere a memoria, altrimenti non lo hai ascoltato, no? Ovviamente ora scarico di più perché ho la possibilità quantitativa di farlo, ma l’ascolto è rimasto lo stesso, magari è un po’ più distratto, ma alla fine io ritengo di essere uno che i dischi li ascolta bene, si. (Daniele, 28 anni, intervista 17)

Daniele è un appassionato di musica rock alternativa e, nel corso dell’intervista la nostra discussione ha affrontato l’importanza della pratica del collezionismo musicale, della quale egli ha una percezione parzialmente negativa; volevo comprendere il perché e, dunque, gli ho chiesto come mai egli, che aveva affermato di possedere centinaia di CD, non volesse riconoscersi nel ruolo di collezionista:

Perché non voglio diventare collezionista? Perché conosco gente che magari ha tutto, ma non l’ha mai sentita a me dà fastidio parlare di un gruppo che ho e non ho mai sentito, se ne parlo è perché mi piace. Là ha senso anche la comunità, scambiarsi le idee… è inutile dire: «ah, c’è l’ho».

- Perché, conosci qualcuno che fa così?

- Sì, tipo un mio amico per esempio. Che magari ha tanta roba e non l’ha mai ascoltata. Questa può diventare veramente una cosa che accumuli per avere le cose sul computer, c’è magari qualcuno che ha l’hard disc esterno enorme, si mette tutto a disposizione superclassificato, e dice «io sono un grande perché ho tutto», però magari non conosce neanche i gruppi. Io non lo so quanta gente fa così, però so che io no lo voglio diventare così. Quando parlo con una persona parlo di cose che conosco bene, con un approccio anche emotivo nei confronti della musica. Dunque non mi sento collezionista e non voglio neanche diventarlo. E’ un fatto tecnico di avere più cose di quelle che ascolti. (Daniele, 28 anni, intervista 17)

Appare dunque chiaro come l’interazione tra l’ascoltatore che diventa utente di musica digitale e le nuove tecnologie sia un processo che rimette in discussione, oltre alle pratiche musicali, la stessa identità degli ascoltatori. L’integrazione delle nuove tecnologie richiede, dunque, un lavoro culturale all’utente, che consiste nel riuscire a rielaborare con esito positivo la configurazione materiale e culturale a partire da oggetti, pratiche e identità di ascoltatore.

3 - Le pratiche di ascolto dal CD alla playlist

Abbiamo osservato come un particolare aspetto che caratterizza le nuove tecnologie legate all’uso della musica digitale riguardi l’aumento della quantità di musica posseduta dagli ascoltatori. La musica aumenta, e con essa aumenta anche la necessità di organizzarla coerentemente con le proprie abitudini di ascolto e di scambio. Se i formati musicali tradizionali, come i dischi e i CD, sono sicuramente più ingombranti dei formati digitali, tuttavia, questo ingombro materiale che essi presentano all’ascoltatore costituisce un aspetto che struttura e modella i criteri e i modi di archiviazione.

Uno degli oggetti tecnici che permettono di usare ed archiviare la musica è il lettore di mp3 che viene utilizzato per ascoltare la musica con il computer. I lettori di mp3 non solo semplici riproduttori, ma diventano degli strumenti che permettono agli utenti, a volte obbligandoli, di organizzare le collezioni musicali e le modalità di ascolto. Un primo aspetto innovativo nella gestione della musica attraverso questi programmi è rappresentato dalla playlist, ovvero una particolare selezione di brani musicali che il programma musicale struttura in collaborazione con l’ascoltatore. Dal punto di vista del rapporto tra utente e tecnologie, l’introduzione di strumenti sofisticati per archiviare e organizzare la musica attraverso le playlist rappresenta un chiaro esempio di ciò che Akrich (1992) ha definito come una trasformazione delle geografie di responsabilità nell’uso delle tecnologie. Ciò significa che, dell’uso delle nuove tecnologie mutano le possibilità e i compiti svolti dalle macchine e dagli individui. Le tecnologie legate al CD permettevano, per esempio, di selezionare solo alcuni brani del disco, oppure di fare suonare alla macchina i brani in esso contenuti in modo casuale; queste tecnologie, insomma, permettevano agli utenti di delegare alle macchine alcuni specifici compiti. Con i nuovi programmi per ascoltare la musica digitale con il personal computer, lo spettro di possibili delegazioni di compiti si espande e si trasforma.

L’uso di questi software, e in particolare delle playlist, permette all’utente diverse nuove possibilità. Aldo racconta per esempio come, mediante tali software, diventi estremamente semplice gestire, selezionare e ascoltare una raccolta di 500 differenti canzoni, attraverso una semplice funzione del programma:

Ma su iTunes è abbastanza semplice, perché almeno come la uso io, che poi non lo so se è il modo corretto, ci sono tutti i file musicali che ci sono sul computer, adesso saranno un 500 pezzi e lì tu... sono in ordine alfabetico per titolo del brano e poi tu «virgoletti» i pezzi che vuoi ascoltare. Fai scorrere con la banda e quindi metti le virgolette sui pezzi che vuoi ascoltare della playlist. (Aldo, 28 anni, intervista 24)

Il moltiplicarsi della musica posseduta nel computer richiede, infatti, all’ascoltatore una qualche forma di organizzazione. I più recenti software per ascoltare la musica digitale presentano per questo differenti funzioni che «razionalizzano» la complessità di una collezione musicale che può facilmente essere composta da differenti migliaia di brani. Uno dei principali strumenti attraverso il quale gli utenti gestiscono questa complessità è, appunto, la playlist. Ecco, per esempio, come Enrico utilizza la funzione delle playlist per dare senso alla musica da lui posseduta e ascoltata in formato digitale:

-Esatto! Assolutamente nessun tipo di organizzazione. Però, ecco, non è preciso nel senso che comunque mi sono fatto nel corso del tempo delle playlist anche di cento, duecento brani, a volte sono dieci, venti, se sono finalizzati ad esempio per una compilation, sono dell'ordine di quindici/sedici brani per cui la durata complessiva è quella di un sessanta/settanta minuti al massimo perché lo scopo era quello di fare un CD wave. A volte invece sono in una fase preliminare a questo, può essere appunto una playlist di cento/duecento canzoni per cui anche se li rifilo fisicamente in una stessa cartella se io voglio spostare musica lunge mi apro quella playlist, se voglio spostare musica country mi apro quell'altra playlist.

- E quante playlist hai?…

- Una ventina.

- Sono per generi sono divise…

- Sono divise principalmente per generi o comunque per esempio per altri…magari se quel dato mese ho scaricato tre autori, tre autori musicali, ho una playlist dove ci sono solo quei tre lì e quindi non devo riandarmi a selezionare. E si basa sul fatto che appunto gli ultimi che non ho ancora sentito vanno a formare una playlist degli ultimi. È chiaro che di solito non sono abbinamenti proprio coerenti, come i cavoli a merenda, ma anche per la stessa ragione per cui li ho scaricati in quel periodo hanno un loro senso, e quindi sì la playlist le uso e sono utilissime per organizzare la musica. (Enrico, 29 anni, intervista 5)

La playlist diventa dunque anche uno strumento utile per condividere facilmente la musica e i propri gusti. Aldo, per esempio, vive in una casa con altri amici; in casa essi hanno a disposizione un computer comune nel soggiorno che essi usano per scaricare e ascoltare la musica in formato mp3. L’uso in comune del computer, dei programmi e delle playlist diventa, nella pratica quotidiana di Aldo, una forma di condivisione nel contesto domestico dei gusti musicali, che è possibile proprio grazie alle nuove opportunità offerte dai programmi di ascolto musicale sul computer:

- Per esempio negli ultimi giorni quando hai ascoltato musica da mp3?

- Beh, mp3 stamattina. stamattina mi sono alzato, ho messo su il mio caffè, intanto che saliva il caffé ho acceso il computer, anzi neanche acceso, ho aperto iTunes perché in sala adesso abbiamo un Mac , ho aperto iTunes e ho fatto partire una playlist, boh, tra l'altro che non avevo selezionato io, ma che probabilmente aveva selezionato qualcuno la sera prima o il giorno prima, e l'ho fatta partire e l'ho lasciata andare, intanto usciva il caffé, io mi lavavo etc. (Aldo, 28 anni, intervista 24)

Il ruolo di questi programmi musicali, però, va ben oltre la sola organizzazione di musica in base ai gusti e alle scelte degli utenti. Un successivo aspetto della capacità dei nuovi software di trasformare la divisione dei ruoli tra macchine e attori umani riguarda le funzioni di gestione delle collezioni musicali. Con questi programmi, e in particolare con il più diffuso di essi, iTunes, è possibile non solo organizzare in modo abbastanza agevole i propri brani in base ai propri gusti, ma anche in relazione agli autore, ai titoli, alle parole chiave. Alcune di queste funzioni permettono, per esempio, di ordinare i brani in base a quando essi sono stai ascoltati per l’ultima volta. Questi programmi, dunque, non si limitano a organizzare in base alle scelte degli ascoltatori, ma sono in grado di svolgere delle mansioni che in precedenza, per esempio nell’uso dei CD, spettavano agli ascoltatori e alla loro memoria.

Una delle funzioni più usate e più comuni di questo tipo di software è quella dello shuffle, ovvero la possibilità di fare selezionare in forma casuale al programma informatico la musica da riprodurre. Questa funzione era presente anche nei lettori CD, ma era vincolata al limite di capienza di questi supporti, che dunque permettevano di scegliere casualmente tra un numero assai esiguo di canzoni. Le collezioni di mp3 sono invece molto vaste e possono raggiungere migliaia di brani; dunque, la funzione di «scelta casuale» si trasforma in uno strumento dalle più vaste possibilità. Enrico, per esempio, ha una particolare predilezione per questa funzione, e ci spiega il perché:

Che mi dà... che mi sorprende, cioè nella sequenza mi sorprendo, non so che cosa sia, cioè forse non sapere cosa verrà dopo mi crea una piacevole aspettativa, spesso è una sorpresa e qualche volta anche una sorpresa molto positiva, molto stimolante. Gli abbinamenti che per caso vengono ben riusciti diventano anche un suggerimento per una compilation, per un abbinamento futuro, per valorizzare un brano. E quindi sì, mi piace non sapere cosa verrà dopo un brano, quale brano verrà suonato dopo, di quale autore, di quale genere. (Enrico, 29 anni, intervista 5)

La funzione di «scelta casuale», come pure le funzioni avanzate di selezione, archiviazione e gestione della musica permesse dai programmi di riproduzione, permettono di usare la musica in modo differente dalle radiche di ascolto diffuse con le precedenti tecnologie musicali. Ma l’aspetto forse più interessante riguarda la ricorrente tendenza, da parte di coloro che utilizzano questa funzione, nel riconoscere all’oggetto tecnico una qualche forma di intenzionalità nella scelta dei brani su base casuale. Se certamente tali utenti non ritengono che il proprio lettore portatile sia in grado di scegliere la musica in base ai propri gusti, ciò che risulta interessante è la tendenza da parte loro ad interpretare queste scelte casuali proprio come se la macchina fosse in grado di intuire i desideri musicali dei propri utenti. Come se, insomma, nella macchina si concentrasse una capacità di definire autonomamente il corso dell’azione.

L’insieme di queste nuove funzioni costituiscono una nuova forma di mediazione tra l’ascoltatore e la musica. Proprio per questa ragione, a volte è possibile che degli utenti si rifiutino di utilizzare alcuni di questi programmi più evoluti, proprio perché questi programmi trasformano radicalmente i modi e le pratiche attraverso cui gli utenti usano e ascoltano la musica. A tale riguardo è interessante soffermarsi sulla riflessione di Luciano, che preferisce non usare il software iTunes:

No a me iTunes non piace, lo so tutti lo usano adesso, ma io non lo sopporto. Io ho la mia collezione di mp3 organizzati in cartelle, ognuna contiene un album e non ho voglia, quando ascolto la musica, di aprire un programma che mi riporta automaticamente migliaia di brani in fila, e che mi archivia automaticamente quello che possiedo, voglio solamente un lettore in cui tu metti quel disco o quel pezzo che vuoi sentire e lui ti suona quello, poi finisce e basta. (Luciano, 28 anni, intervista 9)

Questo ultimo esempio mette in rilievo come alcuni aspetti delle tecnologie musicali digitali, che sono generalmente considerate come apportatrici di nuove possibilità, possano invece costituire per l’utente una configurazione di elementi che egli non riesce a riarticolare con successo nell’universo delle proprie pratiche musicali. Per Luciano, infatti, risulta problematico adattare il proprio universo di pratiche alle caratteristiche e alle costrizioni introdotte dalle nuove tecnologie. L’uso delle nuove tecnologie non perfettamente stabilizzate, dunque, richiede all’utente – come vedremo tra breve – di dover fare fronte e risolvere problemi e conflitti con le nuove tecnologie.

3 - L’utente e i conflitti con le nuove tecnologie

Dunque, se l’appropriazione delle tecnologie costituisce un processo dagli esiti non scontati, allora è interessante soffermarsi, con l’obiettivo di comprendere più attentamente le dinamiche dell’appropriazione, su quei casi in cui gli utenti reagiscono negativamente alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie. Infatti, non è detto che tutti gli ascoltatori riescano a portare a termine il lavoro loro richiesto al fine di integrare la musica digitale all’interno delle proprie pratiche musicali.

Il punto di vista dei «non-utenti» (Wyatt et al., 2002; Wyatt, 2003) può, a tal riguardo, offrire elementi utili per comprendere come le pratiche tecnologiche incorporate dagli utenti possano disincentivare l’adozione di una nuova tecnologia. Ecco, per esempio, l’argomentazione di una ragazza che, pur conoscendo a grandi linee il funzionamento dello scambio di mp3, giustifica il fatto di non voler usare i software di file sharing:

Quando voglio sentire la musica che circola la sento in radio, e se mi va compro il cd, lo vedo più diretto di scaricarsi la musica, andarsela a cercare, masterizzarla e fare tutte queste trafile allunga solo la cosa, la soddisfazione e il desiderio dell’oggetto. Perché poi devi comunque pagare internet, e altre tre mila cose, invece io compro tre cd al mese che mi interessano invece di stare lì a lavorare in continuazione, e poi ci metti lo stress. (Beatrice, 24 anni, intervista 2)

Il rifiuto dell’uso delle nuove tecnologie di questa «non-utente» mostra come le pratiche musicali acquisite, che si reggono sull’equilibrio di elementi eterogenei, al tempo stesso tecnici, culturali e sociali, possano rappresentare un elemento che ostacola l’appropriazione di nuove tecnologie: per la nostra ascoltatrice appare troppo oneroso in termini di risorse culturali, ancor più che economiche, rinegoziare le pratiche culturali da lei acquisite connesse alla fruizione della musica.

Un differente esempio riguarda la dimensione immateriale della musica. Molti utenti, che hanno iniziato a collezionare o più semplicemente ad archiviare musica digitale, si sono dovuti confrontare con la precarietà fisica dei supporti in cui si immagazzina la musica digitale. L’abitudine dell’ascoltatore di musica è infatti, pur in forme differenti, quella di accumulare, archiviare e ordinare. Ma, a differenza dei Compact Disc o dei dischi, che possono al limite essere rubati o persi, la permanenza della musica digitale può dipendere da altri aspetti, come per esempio il corretto funzionamento degli hard disc. Ecco, per esempio, il racconto di Aldo, in cui egli ricorda come abbia iniziato a collezionare e organizzare musica in formato mp3 e di come poi egli la abbia persa a causa di un difetto del supporto di memoria in cui egli la aveva salvate:

- Sì, quelli che mi piacciono di più. E poi avendo notato che i cd anche quando li porti in giro si rovinano con una certa facilità, ho incominciato, ma pochi, quelli che ci tengo ad avere, a metterli sull’hard disc esterno. Anche se poi anche lì non è che sia poi anche lì, non è detto che anche lì non si cancellino e non ci siano problemi.

-Hai avuto problemi?

- Sì, ho avuto problemi, mi si è impallato l’hard disc esterno proprio la cartella dei file musicali e ho sbattuto via credo 30 giga di musica e li ho persi tutti.

- Però te li sei rifatti.

- In parte me li sono ri-scaricati, la maggior parte. Anche se probabilmente molti di quei pezzi non ce li ho più. (Aldo, 28 anni, intervista 24)

Smarrire o perdere la musica non è un avvenimento raro nell’esperienza degli utenti di musica digitale. Ciò è dimostrato dal fatto che alcuni degli utenti più evoluti, nonché più timorosi di perdere la propria musica, elaborano forme di tutela per evitare di perdere le proprie collezioni nell’evenienza che le memorie dei propri computer si danneggino. Marco, per esempio, racconta di come, dopo avere perduto per due volte la musica che aveva scaricato a causa dei difetti delle memorie di archiviazione, si sia fatto regalare un ulteriore memoria di sicurezza, in cui tenere una copia di riserva di tutta la propria musica digitale:

Sì, un dono di laurea, ho chiesto ai miei amici un hard disk esterno perché mi era capitato di perdere tutti i miei dati, tutta la partizione dei dati e quindi mi serve come… e soprattutto la cosa a cui tengo di più alla mia cartella di posta e i trenta giga di musica e un’altra quarantina di giga di film… è la cosa a cui tengo di più e ho paura, ho una fottutissima paura di perderli per cui ho una sorta di back up in tutta la mia partizione di musica dentro l’hard disc e mi serve anche per portarla in giro. (Marco, 32 anni, intervista 20)

L’uso delle tecnologie legate alla musica digitale nasconde molteplici insidie nei confronti degli utenti. Ed ad essi è richiesto un lavoro di costruzione di tattiche e di pratiche a partire della propria esperienza e della volontà di adattare la tecnologie ai proprie pratiche musicali. Veronica racconta, per esempio, di come lei sia incorsa in uno dei problemi più diffusi che riguardano l’uso dei programmi di file sharing, ovvero i virus informatici:

- Più che altro c’è lo avevo a casa, e ho tentato un po' da autodidatta a provare prima un pulsantino poi un altro per vedere cosa succedeva. E ho combinato anche danno, ma almeno so dove ho sbagliato.

- Cioè?

- Una volta non ho attivato l'antivirus e dunque ho preso un virus e abbiamo dovuto formattare tutto. (Veronica, 18 anni, intervista 19)

Ma gli adattamenti richiesti agli utenti sono anche di altro tipo. È ancora Marco a raccontarci di come alcuni aspetti delle sue pratiche musicali lo conducano a filtrare la musica che egli trova a disposizione attraverso la rete. In questo caso è un problema che riguarda «l’attenzione filologica» come egli stesso afferma, o ancora più nel profondo un meccanismo di costruzione della fiducia o in questo caso della sfiducia verso quello che la tecnologia del file sharing può mettere a disposizione:

- A volte capita che scarichi un album e magari c’è una cartella con dentro…

- No io scarico solo gli MP3, è difficile che scarichi per esempio i file zip con l’album con la discografia completa.

- Perché?

- Perché per una questione di appunto attenzione filologica dovrei mettermi a farlo… a guardarli uno per uno… per dirti, ho nel mio computer il file zip di tutta la discografia – o immagino gran parte – di discografia di Frank Zappa, lo sai quanto è grande, se mi dovessi mettere ad analizzare uno per uno tutti i file, a vedere se sono giusti, ci perderei un anno. (Marco, 32 anni, intervista 20)

Marco dimostra di avere elaborato un suo personale regime di fiducia, in questo caso relativamente restringente, che lo guida nel rapporto con la tecnologia e fa sì che egli «costruisca» questa tecnologie in una determinata forma. L’uso di una tecnologia come il file sharing, poco strutturata, non istituzionalizzata e prodotto di un’attività non legalizzata e precaria, richiede all’utente di costruire autonomamente una serie di pratiche, di stratagemmi, di tattiche oltre che veri e propri regimi di fiducia. Questa fiducia può riguardare la qualità della musica, come nell’ultimo esempio proposto oppure come abbiamo visto in precedenza la fiducia nel funzionamento delle proprie attrezzature tecniche. In entrambi i casi, questa costruzione, ad opera dell’utente è il risultato della propria personale interazione con le tecnologie. Attraverso l’elaborazione delle proprie esperienze, ma anche dei timori connessi al proprio universo di pratiche, l’utente stabilisce forme di relazione specifiche con le tecnologie. Le tecnologie, per Marco, per Veronica per Aldo e per tanti altri, rappresentano un processo in cui gli utenti interagiscono con le tecnologie a partire dalle proprie esperienze, culture e modi di fare incorporati.

4 – Conclusione: dearticolare e reticolare le pratiche di ascolto musicale

In questo capitolo abbiamo descritto alcuni aspetti dell’incontro tra la musica digitale e i propri utenti nel quadro coerente di un continuo processo di dearticolazione e rearticolazione dei modi di fare, delle abitudini, delle relazioni sociali e delle costruzioni culturali degli utenti. L’analisi di questo lavoro ha messo in luce come gli utenti abbiano un ruolo attivo nei processi di appropriazione delle tecnologie, ma tuttavia anche come essi non costituiscano attori autonomi, dotati di illimitate possibilità di azione. Gli utenti sono infatti solo in parte artefici del proprio uso delle tecnologie, poiché il risultato della loro appropriazione delle tecnologie è radiato nell’evoluzione di pratiche sociali condivise, sedimentatesi nelle relazioni sociali delle persone e nella forma degli oggetti tecnici che essi utilizzano. Nell’appropriazione di una nuova tecnologia gli utenti devono mettere in discussione le proprie pratiche incorporate e, dunque, le proprie relazioni sociali, le proprie passioni e i propri modi di agire, a partire dall’universo di pratiche socialmente organizzate.

Per rendere esplicito questo processo, in questo contributo abbiamo mostrato come gli usi delle nuove tecnologie legate alla musica digitale prendono forma a partire dall’articolazione delle pratiche incorporate dagli utenti attraverso l’interazione con altri oggetti tecnici. Queste pratiche sono forme di agire socialmente organizzate attraverso l’esperienza e l’uso di altre forme tecnologiche come la radio, il negozio di dischi e l’album musicale. La forma assunta dalla nuove tecnologie è dunque il risultato della capacità dell’utente di rielaborare il proprio universo di pratiche – ovvero di oggetti, di relazioni sociali, di modi di fare e di passioni – che egli deve rearticolate attraverso nuove e differenti forme di mediazione tecnologica.

Per l’utente costruire una tecnologia significa, dunque, in primo luogo disarticolare e riarticolare questo universo di pratiche in un processo interattivo che coinvolge le forme di agire socialmente organizzate e le possibilità – o affordances – offerte dalle nuove forme tecnologiche. Nuovi modi di collezionare la musica sul computer, di organizzarla e di gestirla sono tentativi, da parte dell’utente, di articolari nuove pratiche musicali a partire dalle caratteristiche delle nuove tecnologie. Abbiamo quindi visto come il processo di rearticolazione delle pratiche da parte degli utenti assuma la forma di un procedere tattico, piuttosto che strategico (de Certeau, 1980, p. 69), poiché gli utenti adattano e adottano usi e forme delle tecnologie in relazione alle opportunità e ai problemi che di volta in volta si presentano.

Le tecnologie costituiscono quindi un processo che si presenta come un continuo dearticolare e rearticolare le relazioni tra elementi eterogenei – tra oggetti e modi di fare, tra passioni e frame culturali, tra problemi tecnici e relazioni sociali. Il ruolo dell’utente – nel costante processo di innovazione tecnologica del mondo contemporaneo – è dunque quello di compiere un costante lavoro che consiste nel disfare e ricostruire configurazioni di uso a partire dalle tecnologie e dalle pratiche sociali. La logica dell’innovazione tecnologica non si presenta, quindi, solo come il prodotto degli effetti dalle tecnologie sul mondo sociale, e nemmeno unicamente il frutto dell’agire creativo e individuale delle persone. L’agency dell’innovazione tecnica risiede, dunque, soprattutto nella forma assunta, di volta in volta, nella sfera dell’uso, dalla precaria e contingente configurazione delle pratiche sociali e tecnologiche.


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